Nella memoria di molti, Braid resterà il capolavoro indipendente di questa generazione di videogiochi. Non solo per il gameplay innovativo, ma soprattutto per la filosofia dietro al personaggio e al suo muoversi nel tempo. La peculiarità di Braid infatti consiste nel riuscire a rompere gli schemi mentali del giocatore, andando a innovare in uno di quei settori che sembravano impossibili da rivoluzionare; il tempo.
Giocando a Braid si riesce infatti a tornare indietro imparando dai propri errori, creando dinamiche di gioco inedite e sempre molto divertenti e coinvolgenti. Facciamo un esempio pratico, se ci troviamo in una situazione il cui il nostro personaggio deve affrontare dei leoni inferociti e viene sconfitto, possiamo fare un “rewind” dell’azione fino al momento che preferiamo per riprendere la battaglia e non fare gli stessi errori che lo hanno fatto morire.
Tutto questo è stato accolto con grande clamore dalla scena videoludica, non abituata a veder reinterpretato questo settore, e che ha premiato Braid facendolo diventare uno dei giochi indipendenti più scaricati di sempre. Un altro grande vantaggio infatti è il suo essere multipiattaforma, cosa che lo ha reso ancor più popolare. A differenza di molti titoli paralleli però, Braid non è nato nel mercato dei giochi flash online, ma direttamente su PC, passando poi verso Xbox 360 e PS3.
Incredibilmente però, lo sviluppatore si è detto molte volte amareggiato, nonostante gli incassi fenomenali, in quanto ha notato un’incapacità da parte del pubblico di andare oltre il semplice divertimento e di capire la vera essenza di questo gioco. Che serva un rewind alla Braid anche nella vita vera?